“ L’EVOLUZIONE DEL MICROSISTEMA SOCIALE DELL’AZIENDA ”
di Andrea Macchia
“1 - La scomparsa della tradizione
Un’analisi sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e sui probabili futuri scenari non può, a nostro avviso, prescindere da una più generale riflessione sulla parallela evoluzione della società civile.
Il periodo che stiamo vivendo è incredibilmente sorprendente e spettacolare; il massiccio trasferimento dell’elettronica e dell’informatica nella vita quotidiana sta trasformando a velocità sempre più sostenuta il nostro stesso modo di vivere. Eventi, un tempo socializzanti, come il cinema ed il teatro, ci vengono serviti in casa a costi sempre più contenuti e con qualità di riproduzione sempre più elevate. Videotel, telefoni cellulari, forni a microonde, lettori laser per CD, personal computer : oggetti che solo qualche anno fa erano degli status symbol di una raggiunta posizione sociale e di appartenenza a categorie culturalmente elevate sono oggi alla portata di un ceto medio numericamente in espansione.
Ora, anche se questo può sembrare una contraddizione con quanto detto e con tutti i limiti costituiti da una intuitiva e circoscritta analisi del fenomeno, ciò non di meno abbiamo la convinzione di vivere in un periodo di rallentato adeguamento culturale determinato dalle divaricazioni tra aumento di complessità sociale e velocità di espansione delle relative conoscenze.
E’ bene chiarire subito di cosa stiamo parlando e che cosa intendiamo per “cultura”. Certamente non ci stiamo riferendo ad una cultura accademica costituita da un bagaglio di sapere su fatti storici, letterari, artistici o anche scientifici, ma a quella somma di conoscenze di base che rappresentano il presupposto per una corretta interpretazione e comprensione di “cose” ed eventi.
E’ evidente come in tale accezione una società chiusa, sia in termini territoriali che culturali, sia molto più facilmente comprensibile nei suoi aspetti complessivi di quanto lo siano le attuali realtà sovranazionali . E’ proprio il rapido superamento dei confini informativi e produttivi che, ponendo a diretto confronto e competizione realtà sociali diversamente concepite, ne ha da un lato palesato spietatamente le arretratezze, laddove esistenti, e dall’altro ha reso disponibili prodotti e tecnologie altamente competitivi. Valga per tutti il recentissimo esempio fornito dall’unificazione tedesca ed i conseguenti immensi problemi di riconversione ed emarginazione industriale.
2 - L’internazionalizzazione dei processi produttivi
il processo di competizione mondiale, avviatosi nel dopoguerra con i grandi progetti di ricostruzione industriale e proseguito negli anni sessanta con il forzato sviluppo industriale dei paesi del Terzo Mondo, ha imposto al sistema produttivo un repentino superamento delle tradizioni industriali locali ed una altrettanto rapida assimilazione di quanto mostrato, nei singoli settori tecnologici, dalle nazioni leader.
Tali trasformazioni, esasperate da un’esponenziale crescita della velocità dell’informazione e calate in un contesto culturalmente impreparato a recepire novità ad esso estranee, hanno prodotto, nel tessuto sociale, l’emergere di “ISOLE CONOSCITIVE SPECIALIZZATE” appartenenti ad un arcipelago territorialmente sparso nel mondo. Ciò determina che, limitatamente al lavoro, l’operaio specializzato della Texas Istruments di Rieti è più omogeneo al suo omologo di Taiwan che al resto della popolazione lavorativa della sua area.
Il rischio di tale situazione è evidente se si considera la relativa labilità, prerogativa imprescindibile dell’attuale modello di sviluppo. Tale estraneità per entrambi i soggetti Impresa – Lavoratore è tanto più preoccupante quanto più la specializzazione è legata a prodotti in costante evoluzione e ad organizzazioni del lavoro parcellizzate e definite ad hoc per quel prodotto e per quella tecnologia.
Se si osserva bene ci si accorge che la risposta generalmente adottata dall’impresa per mantenere la propria competitività è stata la massiccia introduzione di linee di produzione completamente automatiche, capaci di forti incrementi della produzione a parità di forza lavoro. Questo ovviamente a prezzo di elevati investimenti, il che, legato alla relativamente breve vita del prodotto-ciclo tecnologico, ha innescato ulteriori problematiche, ma questo è un altro discorso.
Tornando al punto precedente osserviamo che le linee automatiche di produzione hanno modificato l’essenza stessa della funzione trasformando l’operaio da operatore a controllore.
Facendo ancora un piccolo passo indietro ci rendiamo conto che, mentre prima l’operaio aveva una cultura perfettamente adeguata al suo lavoro, riuscendo comprenere pienamente cause ed effetti delle proprie azioni ed a conoscere profondamente gli strumenti più utilizzati, ora si trova a governare sempre più spesso apparecchiature incomprensibili, che al limite potrebbero essere controllate da altre apparecchiature ancora più misteriose.
Trent’anni fa il “medico di famiglia” per la sua diagnosi usava strumenti elementari : le mani, il termometro, lo stetoscopio. Oggi crediamo che nessun medico si sentirebbe sicuro senza l’ausilio delle varie apparecchiature per T.A.C., eco-doppler, elettroencefalografi. La domanda che ci poniamo non è se questo è un bene, in quanto la risposta è scontata. La domanda vera è : quanti oggi hanno una preparazione idonea per interpretare i segnali inviati dalle macchine, quanti conoscono queste macchine in modo tale da capirne i sintomi, le cause, gli effetti di sempre possibili malfunzionamenti ?
Questo è il punto e noi crediamo, almeno per quanto riguada il nostro campo di intervento, che il tipo di organizzazione del lavoro sino ad oggi pensato ed attuato abbia costantemente portato ad una riduzione progressiva dei soggetti attivi concretamente responsabili del proprio apporto sul prodotto finito. E ciò è esattamente il contrario di quanto si vuole ottenere nell’ambito di tutti i progetti di “qualità totale” che rappresentano, per comune convinzione, la sfida nell’immediato futuro.
3 - La riappropiazione individuale del lavoro
Concettualmente tutti i progetti di qualità totale si fondano sul principio che nessun anello della catena idea-produzione-prodotto-assistenza possa contenere insito il presupposto dell’errore. E’ difficile conciliare tale esigenza con un personale costituito per stragrande maggioranza da soggetti oggettivamente deresponsabilizzati e non in grado di collegare la disefficienza del proprio lavoro con il lavoro dei colleghi e con la qualità globale del prodotto. Partendo da questa realtà occorre, in primo luogo, definire idonei strumenti per consentire a tutti i soggetti una effettiva riappropiazione del lavoro individuale attraverso una effettiva e responsabile autonomia di scelta.
Indipendentemente dal ruolo e dal livello gerarchico dei soggetti, tali strumenti possono prioritariamente essere identificati in un mutato clima aziendale che garantisca le seguenti condizioni :
a) diffusione generalizzata dell’informazione sulla organizzazione del lavoro, sulla tecnologia di produzione e gestionale, sul prodoto e sui risultati aziendali.
b) addestramento continuo a considerare provvisoria e migliorabile qualsiasi soluzione adottata sia nella produzione che nella gestione aziendale.
c) abitudine a puntare al successo della società attraverso l’ottimizzazione del proprio lavoro, considerandolo fattore determinante del successo dei soggetti contigui.
d) continuo adeguamento cluturale attraverso un costante coinvolgimento dei singoli soggetti in strutture codeterministiche di livello superiore
e) adozione di strutture organizzative che presentino aree di sovrapposizione fra enti correlati."
Fa uno strano effetto rendersi conto del fatto che quando è stato scritto questo articolo internet era praticamente inesistente, tanto da non essere neanche citata tra gli strumenti di nuova informazione; si parla di videotel, primo esempio di rete telematica di "ampia" diffusione in Italia, ma di internet nessuna traccia.
Invece è innegabile che viene centrato uno degli attuali problemi più drammaici di internet: la sua enorme diffusione e facilità di utilizzo, (tale che anche persone che non hanno alcuna nozione su cosa sia un computer riescono a usufruire del web) contrapposta alla estesa inconsapevolezza dei meccanismi con cui la rete di fatto funziona.
La domanda "quanti oggi hanno una preparazione idonea per interpretare i segnali inviati dalle macchine, quanti conoscono queste macchine in modo tale da capirne i sintomi, le cause, gli effetti di sempre possibili malfunzionamenti ?" è quindi oggi più che mai attuale. Uno dei rischi maggiori è che il senso di libertà trasmesso dalle infinite e capillari possibilità di comunicazione offerte da internet nasconda in realtà una totale dipendenza di chi è in grado di conoscerne intimamente i meccanismi di funzionamento...
il commento è assai valido sia dal punto di vista formale che dei contenuti. tuttavia, non per amore di vana polemica, mi pare di riconoscere nel commento lo stile del mio collega Eugenio Macchia, piuttosto che di tale Luca Cervi.
mmh, forse ho pensato male, ma anche a me piace pensare quando si spengono i computer e si chiudono i manuali operativi.
un saluto da un vostro fedelissimo lettore.
non vedo l'utilità di questa piccola polemica (che lei stesso definisce vana), in ogni caso può contattare direttamente Luca Cervi : lc.greeneng@gmail.com per fugare ogni suo dubbio.