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Il 23 gennaio 2008 la Commissione Europea ha varato un nuovo pacchetto di iniziative per constrastare i cambiamenti climatici indotti dalle attività umane, continuando il lavoro per creare una seria politica ambientale comune a tutti i paese dell'Unione.
Il pacchetto prende il nome di "Climate Action - Energy for a Changing World" ed ha due obiettivi principali indicati come
20 20 by 2020 - Europe's climate change opportunity :
1) fare in modo che dell'energia totale consumata dall'UE la percentuale ottenuta da fonti rinnovabili raggiunga il 20% entro il 2020
2) ridurre di almeno il 20% la quantità di gas-serra (GHG - Green House Gases) emessi nell'atmosfera dall'Unione entro il 2020
Questi ambiziosi obiettivi confermano e rafforzano la leadership mondiale dell'Unione Europea nell'ambito delle politiche energetiche ambientali, ma non solo. La Commissione Europea infatti ha elaborato obiettivi così alti per forzare uno sviluppo scientifico-tecnologico nel campo delle energie rinnovabili, dei biocarburanti, del risparmio energetico ecc... che porterà l'Europa a diventare il referente mondiale per le tecnologie legate all'energia. Inoltre il raggiungimento di questi obiettivi ha anche l'importante risultato di rendere l'Europa meno energeticamente dipendente dal resto del mondo, e meno soggetta alle fluttuazioni dei mercati dei combustibili tradizionali con conseguenze importanti sul contenimento dell'inflazione, sulla bilancia commerciale dell'Unione ed in generale sull'economia europea. Questi concetti sono espressi molto chiaramente nel documento emesso il 23 gennaio dalla Commissione, in cui leggiamo :
"A global commitment remains indispensable to tackling climate change. But the case for Europe to act now is compelling. The longer Europe waits, the higher the cost of adaptation. The earlier Europe moves, the greater the opportunity to use its skills and technology to boost innovation and growth through exploiting first mover advantage. The trend of global opinion is clear, and the EU can take the lead in pointing the way to an international climate agreement for the post 2012 period.
Reducing greenhouse gases and increasing renewable energy according to the targets agreed by the Heads of State and Government will make the EU much less dependent on imports of oil and gas. This reduces the exposure of the EU economy to rising and volatile energy prices, inflation, geopolitical risks and risks related to inadequate supply chains that are not keeping up with global demand growth. "
La Commissione prevede che grazie alla diminuzione delle importazioni di petrolio e gas dovuta all'applicazione della Climate Action l'Europa nel 2020 potrà risparmiare circa 50 miliardi di euro. Ancora, si prevede che l'applicazione del piano potrà avere ricadute positive in termini occupazionali creando direttamente un milione di nuovi posti di lavoro.
I 5 punti chiave della Climate Action
Le proposte contenute nella Climate Action si basano su 5 punti chiave, ovvero:
1) Gli obiettivi indicati devono essere rispettati . Solo con questa logica gli investitori si sentono incoraggiati ad investire nelle tecnologie e l'Europa potrà dare consistenza al suo ruolo trainante a livello mondiale nelle politiche ambientali
2) Gli sforzi richiesti ai diversi stati dell'Unione devono essere giusti ed equilibrati: le azioni per raggiungere gli obiettivi della Climate Action devono essere adeguate alla richezza, al livello di sviluppo industriale e tecnologico dei diversi stati dell'Unione.
3) I costi per l'applicazione della Climate Action devono essere minimizzati
4) L'Europa deve guardare oltre il 2020 per realizzare tagli più profondi nelle emissioni di gas serra, tendendo a dimezzarle entro il 2050. Questo significa stimolare lo sviluppo tecnologico ed allo stesso tempo fare in modo che tutto il sistema possa trarne vantaggio rapidamente.
5) L'Europa deve fare da traino a livello mondiale per il taglio delle emissioni di gas serra
Gli strumenti per raggiungere gli obiettivi
Reducing greenhouse gases and increasing renewable energy according to the targets agreed by the Heads of State and Government will make the EU much less dependent on imports of oil and gas. This reduces the exposure of the EU economy to rising and volatile energy prices, inflation, geopolitical risks and risks related to inadequate supply chains that are not keeping up with global demand growth. "
La Commissione prevede che grazie alla diminuzione delle importazioni di petrolio e gas dovuta all'applicazione della Climate Action l'Europa nel 2020 potrà risparmiare circa 50 miliardi di euro. Ancora, si prevede che l'applicazione del piano potrà avere ricadute positive in termini occupazionali creando direttamente un milione di nuovi posti di lavoro.
I 5 punti chiave della Climate Action
Le proposte contenute nella Climate Action si basano su 5 punti chiave, ovvero:
1) Gli obiettivi indicati devono essere rispettati . Solo con questa logica gli investitori si sentono incoraggiati ad investire nelle tecnologie e l'Europa potrà dare consistenza al suo ruolo trainante a livello mondiale nelle politiche ambientali
2) Gli sforzi richiesti ai diversi stati dell'Unione devono essere giusti ed equilibrati: le azioni per raggiungere gli obiettivi della Climate Action devono essere adeguate alla richezza, al livello di sviluppo industriale e tecnologico dei diversi stati dell'Unione.
3) I costi per l'applicazione della Climate Action devono essere minimizzati
4) L'Europa deve guardare oltre il 2020 per realizzare tagli più profondi nelle emissioni di gas serra, tendendo a dimezzarle entro il 2050. Questo significa stimolare lo sviluppo tecnologico ed allo stesso tempo fare in modo che tutto il sistema possa trarne vantaggio rapidamente.
5) L'Europa deve fare da traino a livello mondiale per il taglio delle emissioni di gas serra
Gli strumenti per raggiungere gli obiettivi
1) Rinnovare l'attuale Emission Trading System (ETS)
L'Unione Europea è stata la prima comunità al mondo ad implementare un potente sistema di mercato della CO2. In accordo con la filosofia del protocollo di Kyoto l'UE introdusse l'ETS, un sistema che prevede che ogni stato assegni una certa quantità di "permessi di emissione di CO2" alle imprese del proprio sistema industriale. Dato che per ogni stato i permessi di emissione vengono rilasciati in quantità finita (decisa da ogni singolo stato e supervisionata dalla comunità europea) teoricamente il sistema industriale di quello stato non può produrre complessivamente più di quella quantità di CO2. Inizialmente la suddivisione dei permessi di emissione tra le imprese del sistema industriale di uno stato viene decisa dal governo. Una volta distribuite le quote, le imprese che riescono ad emettere una quantità di CO2 inferiore a quella che gli consetirebbero di emettere i propri "permessi di emissione" possono vendere i "permessi di emissione" in più alle imprese che invece vogliono emettere più CO2. Si genera così un mercato di "permessi di emissione" che permette alle aziende meno inquinanti di guadagnare vendendo alle aziende più inquinanti i propri permessi di emissione. In questo modo le imprese sono incentivate ad inquinare meno, sviluppando tecnologie per l'abbattimento della CO2 sempre più efficienti. [ N.B. Questo sistema di "cap & trade" è quello che classicamente gli economisti hanno da tempo individuato per eliminare l'esternalità del male "inquinamento" - vedi ad esempio "Microeconomia", H.R. Varian , Libreria Editrice Cafoscarina ] .
L'esperimento dell'ETS europeo è stato fondamentale, perché è stato il primo esperimento serio di mercato delle emissioni, ma ha dimostrato anche dei limiti. Intanto per il numero dei permessi di emissione rilasciati, che sono stati troppi. Inoltre per l'eccessiva arbitrarietà con cui gli stati potevano rilasciarli ad un'azienda o all'altra (che ha introdotto un fattore "politico" nel mercato) ed inoltre perché è stato limitato alle emissioni di CO2.
La Climate Action si propone di modificare l'ETS europeo in modo da superare questi limiti. In particolare si vuole :
L'Unione Europea è stata la prima comunità al mondo ad implementare un potente sistema di mercato della CO2. In accordo con la filosofia del protocollo di Kyoto l'UE introdusse l'ETS, un sistema che prevede che ogni stato assegni una certa quantità di "permessi di emissione di CO2" alle imprese del proprio sistema industriale. Dato che per ogni stato i permessi di emissione vengono rilasciati in quantità finita (decisa da ogni singolo stato e supervisionata dalla comunità europea) teoricamente il sistema industriale di quello stato non può produrre complessivamente più di quella quantità di CO2. Inizialmente la suddivisione dei permessi di emissione tra le imprese del sistema industriale di uno stato viene decisa dal governo. Una volta distribuite le quote, le imprese che riescono ad emettere una quantità di CO2 inferiore a quella che gli consetirebbero di emettere i propri "permessi di emissione" possono vendere i "permessi di emissione" in più alle imprese che invece vogliono emettere più CO2. Si genera così un mercato di "permessi di emissione" che permette alle aziende meno inquinanti di guadagnare vendendo alle aziende più inquinanti i propri permessi di emissione. In questo modo le imprese sono incentivate ad inquinare meno, sviluppando tecnologie per l'abbattimento della CO2 sempre più efficienti. [ N.B. Questo sistema di "cap & trade" è quello che classicamente gli economisti hanno da tempo individuato per eliminare l'esternalità del male "inquinamento" - vedi ad esempio "Microeconomia", H.R. Varian , Libreria Editrice Cafoscarina ] .
L'esperimento dell'ETS europeo è stato fondamentale, perché è stato il primo esperimento serio di mercato delle emissioni, ma ha dimostrato anche dei limiti. Intanto per il numero dei permessi di emissione rilasciati, che sono stati troppi. Inoltre per l'eccessiva arbitrarietà con cui gli stati potevano rilasciarli ad un'azienda o all'altra (che ha introdotto un fattore "politico" nel mercato) ed inoltre perché è stato limitato alle emissioni di CO2.
La Climate Action si propone di modificare l'ETS europeo in modo da superare questi limiti. In particolare si vuole :
- Estendere l'ETS agli altri gas serra ed inquinanti (non solo più alla CO2)
- Escludere dall'ETS le imprese che producono meno di 10.000 tonnellate all'anno di CO2 in modo da semplficare la gestione dei permessi, e prevedendo per queste imprese una forma diversa di riduzione delle emissioni
- Sostituire i piani nazionali di allocazione con un sistema europeo di allocazione, basato in parte su allocazioni gratuite rilasciate dall'U.E. ed in parte su aste (in particolare per il settore della produzione dell'energia elettrica e dell'aviazione)
- Diminuire le allocazioni anno dopo anno, fino al 21% rispetto al 2005 entro il 2020
- Escludere dall'ETS le imprese che producono meno di 10.000 tonnellate all'anno di CO2 in modo da semplficare la gestione dei permessi, e prevedendo per queste imprese una forma diversa di riduzione delle emissioni
- Sostituire i piani nazionali di allocazione con un sistema europeo di allocazione, basato in parte su allocazioni gratuite rilasciate dall'U.E. ed in parte su aste (in particolare per il settore della produzione dell'energia elettrica e dell'aviazione)
- Diminuire le allocazioni anno dopo anno, fino al 21% rispetto al 2005 entro il 2020
- Diminuire il ricorso al Clear Development Mechanism (CMD). Il CMD (previsto dal protocollo di Kyoto) attualmente consente alle imprese di assolvere in parte ai propri impegni di riduzione delle emissioni investendo in progetti tecnologici a basso impatto nei paese in via di sviluppo. Questo consente di realizzare progetti innovativi a costi ridotti ed al tempo stesso di trasferire tecnologie a basso impatto verso quei paesi che attualmente ne sono sprovvisti. Tuttavia in questi anni c'è stato un eccessivo ricorso al CMD, che ha di fatto limitato la capacità dell'ETS di tagliare le emissioni nei paesi europei e di investire all'interno dell'UE in tecnologie legate alle energie rinnovabili.
(continua...)
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